mercoledì 18 giugno 2008

La grandezza dei solitari

È uscito sui quotidiani del gruppo E Polis oggi, 18 giugno 2008.

Se n'è andato in punta di piedi. Mario Rigoni Stern, il Sergente nella neve, uno dei grandi della letteratura del Novecento, è morto nella sua casa di Asiago lunedì sera. Solo ieri, a funerali già celebrati in forma privata, per sua espressa volontà, la famiglia ha reso pubblica la notizia. Ottantasei anni, Rigoni Stern conviveva dallo scorso autunno con un male incurabile. I suoi resti riposano sotto una semplice croce di abete.

«Di lui ho un ricordo unico, nel senso che nascono molto raramente persone piene di virtù come lui», racconta Andrea Zanzotto, costernato. «Si dedicò alla letteratura come all’impegno civile, antesignano della conservazione dell’ambiente», sottolinea il poeta di Pieve di Soligo. Di «impegno civile mai interrotto» parla anche Walter Veltroni: «Se ne va - sottolinea - un uomo straordinario che avevamo imparato a conoscere nelle sue pagine realistiche e incantate». Per il presidente del Veneto Giancarlo Galan, «resterà in eterno una guida morale e culturale per le future generazioni». Mentre lo scrittore Ferdinando Camon sottolinea: «Era grandissimo, aveva la grandezza che hanno i solitari».

«Mario Rigoni Stern non è uno scrittore di vocazione», scriveva Elio Vittorini nella prefazione alla prima edizione de Il sergente nella neve. Un non-scrittore che ha saputo negli anni conquistare un pubblico sempre più vasto, partendo proprio dal racconto della “sua” ritirata di Russia. Ricordi scritti con uno stile insieme semplice e ricercato, nel lessico più che nella costruzione, che lo fecero entrare nella corte di Giulio Einaudi: scrittori figli della Seconda guerra mondiale e di un Fascismo conosciuto da bambini come l'unico mondo possibile e riscoperto a vent'anni nella sua tragicità. Quando nel 1953 Einaudi stampa per i Gettoni la prima edizione del Sergente, Rigoni Stern è un tranquillo dipendente del Catasto di Asiago. Molti anni dopo, in Amore di confine, racconterà un episodio di quei giorni, in cui l'«avventizio di 3ª Cat. signor Rigoni Mario» si ritrova con una giornata di paga e una di ferie in meno per essersi assentato dall'ufficio. Motivo: «Si è recato a Viareggio per ricevere un premio letterario». Fatto che evidentemente i superiori non ritenevano giustificazione sufficiente. Anche se quel premio - cinquecentomila lire e l'occasione per conoscere Gadda, Ungaretti, Flora, Mondadori, Olivetti - sarà il primo di un elenco che ricostruire per intero è impossibile.

Riconoscimenti ricevuti per la capacità di parlare dritto al cuore che dal Sergente in poi non l'ha più abbandonato, fino ai Racconti di guerra del 2006. Due libri, il primo e l'ultimo, accomunati dal medesimo tema - il secondo conflitto mondiale - che punteggerà tutta la produzione dello scrittore. Pagine fatte di terra e di odori, di viscere, di sudore. Di desiderio del ritorno. Del sogno di una baita dove rincasare, di una tana da costruirsi per mettere definitivamente fuori dalla porta orrori ed egoismi. Quella tana se l'era costruita ai margini di Asiago, dove i campi pian piano si trasformano nel bosco. Lì dentro la sua vita si è fermata. Da lì il Sergente continua a raccontare.

2 commenti:

Anonimo ha detto...

molto intiresno, grazie

Anonimo ha detto...

good start